Se considerassimo l’uomo solo dal punto di vista delle cose che possiede e che lo circondano smarriremmo del tutto il senso del tempo e gli eventi apparirebbero solo come una i nafferrabile evanescenza. Più nessun sapere, allora. Ma l’uomo non è solo le sue cose: ogni volto rimanda a sim boli e segni vitali, disvelando la vita nella sua continua inter ruzione e rinascita. Ogni volto è anche lo scorrere delle pa role che l’uomo confida a se stesso, un sapere che pur sem bra arenarsi nello sconforto di non poterle superare, nella stasi della loro ripetizione quotidiana. Nella nostra radicale distanza da noi stessi e da quel mondo che le parole dicono, sempre si chiede di poter andare oltre il confine delle cose mostrate.
Ricordare certi frammenti del tempo talvolta reca un po’ di pace, crea la possibilità di rigenerare quella sfida originaria che è la vita stessa, ripercorrendone i passi, così da acquie tare la radicale insoddisfazione di trovarsi nudi di fronte a un paesaggio umano fatto di cose e da cose limitato.