Nessuno può fare esperienza della propria morte e nessuno può fare esperienza della propria nascita. Questa duplice radicale mancanza segna strutturalmente le mancanze parziali dell’esistenza, le esperienze di dolore e gioia, di consueta chiusura e di inedita, talvolta abbagliante, apertura. Dislocata sul crinale delicato e costantemente sospeso della devastazione e della costruzione, l’intera vicenda umana non sfugge a questo destino, sino agli esiti contemporanei della inversione stessa tra devastare e costruire, del reciproco sostituirsi, del perdersi dell’umano in sé.
Con una scrittura giuocata secondo registri linguistici differenti, questo libro delinea quella vicenda e quel destino, movendo da una personale esperienza di mancanza sullo sfondo di una inestricabile unione tra sfuggente emozionale e rigoroso categoriale, nella quale violenza del mondo, struggimento di un tempo perduto e costante attesa per un oltre rinnovato definiscono una trama di profonda e spaesante originalità.