Se volete un Artaud di facile consumo volgete lo sguardo ai suoi profanatori. Artaud non si consuma, Artaud si celebra ritualmente. E se letteratura ed editoria non hanno più il senso della ritualità – vale a dire gli anticorpi alla propria dissoluzione – peggio per la letteratura e peggio per l’editoria. Ma non peggio per Artaud e per la ritualità, che alle mode sopravvivranno come è fatale sopravviva il Divino.
Meglio esser primo in classifica tra mille anni che best-seller settimanale nella sezione “varia” del «Corriere dela Sera»!
Ed allora, perché uno dei più grandi geni del Novecento ha dovuto patire dieci anni di manicomio e ben cinquanta elettrochoc? Perché l’Occidente non ha riconosciuto in lui una delle menti più eccelse della modernità? Perché nessuno o quasi ha saputo «pensare l’impensabile» con la sua stessa coerenza e il medesimo impareggiabile coraggio? La risposta che si offre in questo saggio è perentoria: perché Antonin Artaud fa paura. Il lavoro di Marco Alloni è un’esortazione a vincere gli oltraggi della paura e a prendere decisioni radicali. La mancata riabilitazione di Artaud, infatti, è un sintomo di declino, del tramonto di un Occidente sempre più esposto alle prospettive dell’Apocalisse.