L’autore dà qui ampio sviluppo a una tesi già posta in Vita morte evoluzione, ovvero quella che vivendo la vita la si consuma e se ne rilascia di continuo sia fisicamente che mentalmente. Secondo questa tesi si vive rilasciando vita, quindi si va alla morte ben prima che essa sopraggiunga dal momento che, appunto, “si consuma vita”. Da un punto di vista ontologico su base biologica, quindi, nascere, vivere e morire sono solo aspetti differenti del fenomeno vita. Su tale base si staglia un significato esistenziale, poiché in questa prospettiva la morte non è una “fine”, bensì un “compimento”. In breve: si vive morendo e si muore vivendo per realizzarsi come individualità specifiche e uniche. Per Tamagnone, nella morte non c’è nulla di angoscioso o di pauroso, né si tratta di un vivere per la morte, bensì di un far propria la morte per valorizzare la vita e così renderla più serena, ricca e interessante. In questo volume, trova luogo anche una rivisitazione critica del concetto di morte nella filosofia, nella poesia e nella narrativa; con essa l’autore intende distinguere tra il modo che ritiene sbagliato e angosciante di guardare alla morte (la sua esternalizzazione) e il modo che invece ritiene corretto ed esistenzialmente
utile (la sua interiorizzazione).