Il Sublime non è soltanto un concetto estetico, come invece si potrebbe pensare oggi. Nasce, in realtà,
come categoria fondativa dell’arte retorica. Nel testo ellenistico dell’Anonimo, il Sublime lo si può infatti per la prima volta ritrovare nel quadro di una precettistica funzionale alla creazione di una serie di
figure letterarie e poetiche. Il misterioso autore di questo breve trattato confidava nella possibilità di
realizzare opere dello stesso livello evocativo dei poemi omerici. Anche nella tradizione successiva il
Sublime avrà la funzione di impartire suggerimenti (o precetti – come nel caso di Boileau) su come
scrivere opere che fossero adeguate ai modelli proposti all’ammirazione degli scrittori a venire. Il proposito di questo libro, allora, è proprio quello di mostrare se e come, implicitamente o esplicitamente,
il canone del Sublime sia passato nell’esperienza artistica di alcuni scrittori molto significativi della
tradizione letteraria italiana (Carducci, D’Annunzio, il futurismo di Marinetti) e francese (Raymond
Roussel, Malraux, Sartre, Paul Valéry), nonché di verificarne la capacità ermeneutica in relazione all’
“ottava arte”, il cinema, ricercandolo nelle opere di alcuni autori considerati, al riguardo, esemplari:
primo fra tutti Stanley Kubrick e poi Erich von Stroheim, Max Ophüls e Karel Reisz.