Il tema che dà titolo al libro è lo stretto nesso vita/morte insito nei processi evolutivi degli organismi, ma ampliato sino ad includere l’ecologia. Il filosofo torinese, con quest’indagine sulla biologia, completa il quadro ontologico delineato in Dal nulla al divenire della pluralità (dedicato alla fisica). La vita, egli sostiene, è caratterizzata da casualità, autorganizzazione e differenziazione, le quali trovano espressione ultima nell’esistenza individuale umana, specifica, storica, irripetibile. La vita si caratterizza anche per una ridondanza generativa che esclude ogni progetto, ogni disegno intelligente: la meraviglia della vita si accompagna ad un continuo trionfo della morte, funzionale alla prosecuzione della vita stessa. Semi e spermatozoi, nel loro eccesso, rendono più probabile che "qualcuno" di essi generi grazie a condizioni favorevoli, contribuendo alla creazione di altra vita (per quanto moritura). Ogni organismo produce dei molti per assicurarsi che almeno uno generi. Nella cellula, Tamagnone scorge l’unità del vivente, "l’animale-base", e pone in evidenza la presunzione ottusa dell’antropocentrismo e l’insignificanza biologica dell’homo sapiens rispetto alla straordinaria importanza dei batteri, i veri protagonisti della vita a tutti i livelli.